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Il sindaco di Firenze Nardella “Ora Elly indichi una strada e unisca i riformisti Serve pluralismo” – la mia intervista a “La Repubblica”

«Adesso Elly ha l’onore e l’onere di indicare al Pd una strada, facendosi carico dell’esito di questo congresso in cui rientra anche il voto dei circoli», dice Dario Nardella, sindaco di Firenze e già capo del comitato Bonaccini.

Qual è l’onere, sindaco? «Per guidare un grande partito si deve guardare al risultato complessivo, che include sia il volere degli iscritti, sia il dato dell’area riformista. La vittoria di Schlein è chiara, l’importante ora è valorizzare il pluralismo politico del Pd».

Che cosa dovrebbe fare, in concreto? «Non sta a me dire quel che deve fare la segretaria, ma ho apprezzato i suggerimenti di Prodi dalle colonne di Repubblica: unire tutti i riformisti. Non dimentichiamo che il Pd è nato per tenere insieme riformisti e radicali, altrimenti diventa una cosa diversa».

Una cosa rossa? «La sfida non è essere sinistra, ma fare la sinistra. La battaglia identitaria si deve misurare con la concretezza, la vita reale delle persone. È quello che fanno tutti i giorni gli amministratori dem che penso possano essere d’aiuto al nuovo gruppo dirigente».

Eravate i favoriti, perché avete perso? «Perché Elly ha interpretato con più efficacia il cambiamento, soprattutto per i non iscritti: lo dimostra la differenza tra il voto dei circoli e il voto nei gazebo».

Non era mai successo che il primo fosse ribaltato dal secondo. «E un tema politico che spero affronteremo insieme per evitare fratture nel nostro partito».

Schlein dice: “Non d hanno visto arrivare”. Ha sorpreso anche lei? «Negli ultimi giorni di campagna si percepiva una rimonta nell’opinione pubblica soprattutto “esterna” ai tesserati del Pd».

Si vocifera di un patto Franceschini-Conte per portare i grillini ai gazebo, lei ci crede? «No. Io non l’ho mai sentito».

Bonaccini ha commesso errori? «Stefano si è battuto con passione e generosità, in questi casi non è mai una sola persona a sbagliare. Certo, abbiamo privilegiato un messaggio di solidità e affidabilità trascurando il fatto che in questa fase politica l’elemento novità vince su tutti».

Il voto pro-Schlein è stato trainato dalle grandi città. Ha vinto anche nella sua Firenze, oltre che a Roma e Milano. Come se lo spiega? «Elly ha saputo risvegliare un popolo nuovo che mi auguro possa aggregarsi intorno a un progetto che coniughi radicalismo e riformismo. Nelle città questo popolo è più sensibile alle sfide dell’ecologia e dei diritti civili. Ma una sinistra più identitaria deve riuscire a parlare anche al resto del Paese se domani vorremo vincere le elezioni».

Voi riformisti restate o andrete via, magari alla spicciolata? «Io non mi sento affatto né sconfitto, né escluso, perché ha vinto anzitutto il partito, con un milione di votanti alle primarie, grazie anche al mio contributo e a quello di tutti i riformisti. Ripartiamo da qui per restare uniti».

La scissione è un’ipotesi reale? «Non credo e dobbiamo lavorare tutti per evitarlo. Quelle passate non hanno aiutato né chi è rimasto né chi è uscito. Per questo serve un partito che garantisca la pluralità delle voci interne al Pd».

Come? Varando una segreteria con tutti dentro, come fece Letta? «Non è un problema di posti. Una potenziale frattura si pub superare solo se si ha la capacità di fare una sintesi politica, senza la quale la sinistra non vincerà mai».

Schlein ce l’ha? «Vedremo, io credo ci proverà».

Bonaccini aspetta una chiamata. Accetterà la presidenza del Pd? «Stefano si è messo a disposizione con senso di responsabilità. Starà alla nuova segretaria avanzare una proposta».

Sarà ancora possibile allearsi con Renzi che punta a spaccare il Pd? «Abbiamo perso tempo ed energie a pensare alle alleanze e non a noi. Ora aggreghiamo il popolo della sinistra, alle Europee andremo con il nostro simbolo e dovremo puntare a superare il 20 per cento».

Un Pd a immagine di Schlein, più di sinistra, prosciugherà il M5S? «Dico di più. Se con Schlein sapremo dare forza e dignità sia all’anima radicale che a quella riformista recupereremo tanti elettori che in passato hanno votato sia il M5S, sia il Terzo polo, o si sono astenuti».

Rosy Bindi dice che domenica è finito il renzismo. È così? «Se si vuol davvero guardare avanti non bisogna farsi ossessionare dal tema renziano, che appartiene al passato. Matteo ha fatto una scelta diversa. Ora la vera sfida è mettere in campo proposte credibili per diventare non un partito minoritario ma di popolo».

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